Ci sono i dieci titoli finalisti della nona edizione del Premio Sila ’49, quella del 2020, l’anno della pandemia, che però non ha fermato l’attività della direzione e della Giuria di uno dei premi letterari più antichi d’Italia.
“Siamo contenti di quello che siamo riusciti a fare – ha detto Amedeo Di Maio – presidente della Giuria – il primo istinto in queste situazioni è sempre quello di fermarsi, sospendere le attività. Ma abbiamo voluto essere presenti, esserci, nonostante tutto e abbiamo avuto grandi soddisfazioni dalle candidature”.
“La cultura è uno dei motori di crescita di una comunità. Per questo abbiamo deciso di forzare un po’ la mano ai giurati per arrivare (nello stesso tempo degli altri anni) alla presentazione della decina. Oggi possiamo rivelare anche il nome dell’artista che realizzerà il manifesto del Premio 2020 – ha concluso Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila – si tratta del maestro Fabio Inverni; sta preparando per noi un’opera inedita, che ci aspettiamo inconsueta e bellissima come tutta la sua produzione”.
Eccoli allora, i dieci libri che accedono alla fase finale del Premio, nelle parole del giurato e scrittore, Emanuele Trevi che ha definito quella del 2020 “un’annata ricchissima”.
Il giurato, in collegamento dalla Toscana, parte da Intanto, il romanzo del sociologo Paolo Jedlowski: “Il titolo che davvero rappresenta il tempo che abbiamo trascorso. Potrebbe essere il manifesto di questa edizione, la parola intanto. Intanto, le persone leggevano libri, intanto, anche nei giorni più duri, si preparavano le manifestazioni, i festival, le iniziative culturali. Perché intanto il mondo non si è davvero fermato, l’istinto iniziale è stato quello di fermarsi, eppure le cose hanno continuato a germinare.”
Configurazione Tundra, di un’altra calabrese, Elena Giorgiana Mirabelli, giovane esordiente è il secondo titolo di cui parla Trevi: “Un romanzo distopico originalissimo che stupisce da un’autrice così giovane”.
Si continua con Febbre, di Jonathan Bazzi, “anche qui una distopia contemporanea che prende vita a Rozzano, periferia milanese – spiega Trevi – una storia privata il cui innesco narrativo è la febbre del titolo, passa per una diagnosi di sieropositività e arriva a parlare fondamentalmente di diversità”.
Il giurato guida ancora l’uditorio nel percorso di esplorazione dei dieci titoli finalisti: “Dalla Rozzano contemporanea facciamo un salto nella Roma di Caravaggio. Il luogo e il tempo de L’Architettrice di Melania Mazzucco, quella Plautilla che fu la prima donna architetto”.
Prima di noi, di Giorgio Fontana: “come ogni anno, il grande romanzo familiare italiano. D’altra parte – fa notare lo scrittore – siamo la nazione di De Roberto e dei Vicerè e quella naturalistica dell’ereditarietà è un’idea tutta italiana. Questa è una saga che dura 4 generazioni, da Caporetto ai giorni nostri”.
“Con La linea del colore di Igiaba Scego, posso dire che il Premio Sila ha fatto, quello che i premi letterari dovrebbero fare sempre: intercettare gli scrittori nella propria ‘età dell’oro’, riconoscere il momento migliore di un autore. E per questo libro – continua Trevi – possiamo ben dire di averlo fatto, è il miglior romanzo di un’ottima scrittrice”.
Città sommersa di Marta Barone per Trevi è “un libro significativo dal punto di vista della dinamica psicologica. Un volume che merita tutta l’attenzione possibile”.
Lo scrittore definisce poi Notturno di Gibilterra il giallo metaletterario di Gennaro Serio “un raffinatissimo gioco letterario, davvero riuscito”.
Per Il bambino nascosto di Roberto Andò, invece, “già si parla di un film – svela Trevi – tratto dalla trama di questo libro che narra l’amicizia insolita tra un bambino e un professore di pianoforte.”
Trevi conclude con Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio di Remo Rapino: “Un libro che viene da un’altra tradizione letteraria che è stata fonte straordinaria per la narrativa italiana: il monologo del pazzo. Una performance di grande letteratura. Fra i dieci, certamente il più compromesso con l’oralità.”
Tira le somme del lavoro della giuria e della presentazione della decina 2020, Gemma Cestari, direttrice del Premio: “La partecipazione delle case editrici quest’anno è stata massiccia. Ringrazio tutti gli autori, nessuno escluso, per essersi messi in gioco; abbiamo dovuto abbandonare tante cose interessanti: ma questa è la bellezza e il limite della decina e dei premi letterari in generale.”
“A settembre, se tutto va bene, proveremo a riguadagnarci una normalità. Sempre seguendo le regole – ha promesso Cestari, in conclusione – in occasione delle presentazioni dei dieci libri, vivremo la città nei suoi luoghi più significativi”.