Ci sono i giovani ad ascoltare Bazzi, com’è giusto che sia. C’è la “sua” generazione, quella dei social, delle chat, la generazione dei “nativi sentimentali digitali”. Lo stesso autore osserva che il suo libro è “figlio dei tempi, dei nuovi mezzi di comunicazione, dei social network che aprono gli orizzonti e aiutano ad addentrarsi nella verità, che è sicuramente uno dei nervi di Febbre”. “Le nuove piazze virtuali sono come polis molto grandi e complesse, dove abbiamo la possibilità di portare i nostri problemi. I nuovi modi di comunicare hanno creato nuovi linguaggi, modi di parlare e rappresentarsi che esistono al di là e al di fuori del mezzo e sono ormai radicati nelle persone”. “Eppure – ha chiosato l’autore – i giovani sono completamente privi di rappresentanza politica, sono invisibili. E sono inesistenti le politiche a favore dei giovani e dell’ambiente, in pratica del futuro. Questo è tragico.”
Un Bazzi a tutto tondo, ieri al Museo del Presente, dove il Premio Sila ’49 ha presentato il quinto titolo della decina 2020, grazie anche all’intesa tra Bazzi e il giovane scrittore Nicola H. Cosentino, scelto per dialogare con l’autore di Febbre.
“Non è solo un libro sull’HIV – dice Gemma Cestari introducendo l’incontro – è un libro sull’HIV e su Rozzano, sulle periferie italiane. Ogni città ha una Rozzano e il tema della vita in questi luoghi marginalizzati in cui convivono quel che resta della classe operaia e un sottoproletariato misto di emigrati di seconda e terza generazione, è un tema enorme e fondamentale per la nostra società che in molti hanno affrontato con gli strumenti della sociologia o del giornalismo. Nessuno però ne aveva fatto letteratura, prima di Bazzi”.
E Bazzi conferma che Rozzano, la sua vita, la sua famiglia sono sempre stati i punti di partenza, la molla che lo ha spinto a raccontare: “Dal 2012 volevo raccontare Rozzano. Mi sono accorto, crescendo, che c’erano delle caratteristiche nei luoghi, nelle persone, nell’atmosfera, diverse da ogni altro luogo, dai centri cittadini, ma anche diverse dalle altre periferie, quelle più borghesi. Ho sempre voluto raccontarne. Poi, nel 2016 – continua l’autore – la scoperta della mia sieropositività mi ha condotto inevitabilmente a verso il tema della malattia. Ma avevo paura che questo tema contaminasse il resto del contenuto, che l’HIV portasse il libro nell’ambito delle testimonianze sulle malattie”.
Non è stato così, Febbre è un caso editoriale, un esordio eccezionale. Prova a comprenderne le ragioni, dialogando con lo scrittore, Nicola H. Cosentino. “A un certo punto il corpo prende il dominio e nel libro parli tanto di questo: dello yoga, della fatica e di come questa sia per te salvifica. – osserva Cosentino – C’è una connessione con la tua scrittura (e con la scrittura in generale) secondo te? In fondo la scrittura è il pensiero che si fa materia, la voce che si fa corpo, l’immateriale che prende letteralmente forma”.
“Trovo spesso nel corpo e nella corporeità un modo per salvarmi. Perché sono una persona molto mentale e spesso il corpo mi ha liberato. Anche la mia scrittura – riflette Bazzi – è più fisica della media delle prose che conosco, perché discende da un mio bisogno. Ho una passione, forse per i miei studi artistici, per la forma; e riuscire a dedicarmi a delle forme precise, attraverso la scrittura, adesso è il modo giusto (che ho trovato quasi casualmente) per sopperire ai miei eccessi di produzione mentale”.
Fondamentale, infine, il tema della verità. “Ho fatto un grande lavoro su questo concetto perché cercarla, mi ha dato la consapevolezza di una possibilità di salvezza, ma anche un grande senso di responsabilità. E poi – ha concluso l’autore – è stata senza dubbio una richiesta di aiuto”.
Perché la verità, a volte, può salvare. Allora, “Luce ovunque. Si veda tutto.”