Come ogni anno, a novembre, il Premio Sila ’49 presenta il manifesto dell’edizione in corso.
Quella 2020 è un’edizione diversa, come ogni cosa nell’anno che ha sconvolto ogni programma, demolito ogni certezza; e diversa è anche l’agenda del Premio letterario calabrese, che rinuncia alla consueta cerimonia di premiazione in dicembre per spostarla in primavera. Ma la presentazione del manifesto, che per il Premio Sila è sempre stato qualcosa di più della prestigiosa copertina di un evento culturale, non viene rimandata: la firma, quest’anno, è di Fabio Inverni, maestro fiorentino, figlio d’arte ed eccellente iperrealista.
“Ci aspettavamo un’opera significativa dal maestro Fabio Inverni – ha detto Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila – ma quello che ha regalato al Premio è qualcosa di più, è la rappresentazione perfetta di quello che stiamo vivendo, la plastica raffigurazione di un sentimento collettivo, quella dolorosa consapevolezza di essere costretti alla distanza con chi vorremmo invece avere vicino, di poter comunicare solo mettendo le nostre sensibilità, le nostre idee e le nostre immaginazioni in un pacco, spedito con l’avvertenza della fragilità del suo prezioso, irripetibile contenuto.
“Sono contrastanti i sentimenti che suscita quest’opera: tristezza, rabbia, speranza. Ma nello stesso tempo da questa immagine riusciamo a trarre energia, forza; da un racconto di noi che ci fotografa nell’oggi, nella difficoltà estrema del momento pandemico che ha svelato tutta la debolezza della nostra terra, prendiamo slancio per il domani. Perché quello che adesso è sbagliato, così scopertamente sbagliato, ci consenta di determinare il nostro futuro. Quello ancora – chiosa Paolini – non l’ha scritto nessuno e la speranza che sia migliore del presente è molto più che un auspicio, è un impegno, una promessa che facciamo a noi stessi e ai nostri figli.”
“Il manifesto di Inverni – precisa infine il presidente della Fondazione Premio Sila – è un olio su tela. Lo dico a beneficio di quanti non conoscono le altre sue opere e possono facilmente cadere nell’errore di credere che questo non sia un quadro, ma un’installazione, un’opera tridimensionale. Il risultato è così realistico (iperrealistico, appunto, come la corrente artistica cui appartiene il maestro fiorentino) che è bene precisarlo. La tecnica pittorica di Inverni è impressionante proprio per la difficoltà a discernere il vero dal raffigurato che induce nello spettatore. In questa difficoltà c’è tutto il talento di un artista non comune.”