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Successo per la presentazione del libro di Marco Lodoli, “Tanto poco”Featured

È stato un dialogo ricco di spunti e riflessioni, quello che ieri sera ha intrattenuto un pubblico molto numeroso alla libreria Mondadori di corso Mazzini, a Cosenza. L’evento è stato il battesimo per la Decina 2025 della tredicesima edizione del Premio Sila. Marco Lodoli ha presentato il suo “Tanto poco”, a moderare l’incontro, la professoressa Alba Battista, che ha guidato il pubblico in un viaggio attraverso le pagine del libro, definito da Gemma Cestari, direttrice del Premio Sila, «un piccolo miracoloso romanzo che in poco più di 90 pagine racconta una vita, 40 anni di passione ossessiva». Lodoli ha svelato l’origine dell’opera, nata durante il lockdown: «Un giorno – ha raccontato lo scrittore e giornalista – nella scuola vuota, entrò la bidella Antonietta con un caffè. In quel momento ho pensato: “Antonietta mi ha amato tutta la vita”. È stato lo spunto».

Il romanzo narra l’amore silenzioso di una bidella senza nome per un professore «precipitato nel tempo, tra illusioni, cadute e ambizioni artistiche smarrite». Lodoli ha sottolineato come la storia giochi «sul contatto tra tempo ed eternità, tra il fallimento esistenziale obbligatorio e la ricerca ostinata di un assoluto», citando l’immagine finale ispirata al Cristo di Mantegna, «metafora di un’umanità sospesa tra macerie e purezza».

L’autore e l’opera al centro dell’attenzione

Marco Lodoli ha condiviso il suo approccio alla scrittura, definendola «un’esperienza da vivere una volta sola, come un viaggio a Parigi o Gerusalemme, fatto con concentrazione spasmodica». Riferendosi alla tradizione rinascimentale, ha aggiunto: «Bisogna arrivare a una semplicità come quella della Pietà di Michelangelo: dietro c’è studio, filosofia, ma tutto si traduce in una storia essenziale».

Alba Battista ha richiamato l’architettura poetica del libro, evidenziando l’esergo di Petrarca («Solo a fine lettura ci si rende conto quanto quei due versi sintetizzino l’intera storia») e il tema della «rinuncia come atto di generosità», paragonando la protagonista al Bartleby, lo scrivano di Herman Melville: «Una scelta di purezza che dice “preferirei di no” al mondo».

Un primo importante appuntamento per il Premio Sila ’49

Gemma Cestari ha ribadito il ruolo del Premio nel panorama culturale italiano: «La letteratura deve aprire uno spiraglio verso l’ignoto – ha sottolineato la direttrice del Sila – non limitarsi a raccontare disagi. “Tanto poco” ci ricorda che l’arte nasce mentre la guardi, non è un semplice racconto». La Decina 2025 ha appena iniziato il suo rendez-vous. E a breve saranno annunciati i prossimi incontri: «Questo libro, come gli altri finalisti – ha chiosato Cestari – ci sfida a pensare oltre le storie convenzionali».

Un momento di arricchimento culturale

Il pubblico ha partecipato con domande acute, tra cui una sul valore delle recensioni negative con cui ci si imbatte online. Lodoli ha risposto con molta ironia: «Ho visto una recensione a una stella che criticava proprio ciò che amo del libro. A volte, anche le critiche rivelano coincidenze fortunate… o vecchi rancori!», scherzando sulla possibile presenza di “autentici” burloni nascosti tra i commenti sul web.

La serata si è chiusa con un omaggio alla poesia: Lodoli ha letto alcuni versi di Beppe Salvia, «genio scomparso troppo presto», e un applauso ha accompagnato la firma delle copie, simbolo di un legame vivo tra autore e lettori.

Tre domande a Marco Lodoli

Abbiamo voluto approfondire ulteriormente alcuni dei temi del libro con l’autore…

Il romanzo esplora temi di amore non corrisposto e di silenziose devozioni. Come è stato per lei entrare nella mente di un personaggio che vive nell’ombra dei propri sentimenti, e cosa spera che i lettori portino con sé dopo aver letto “Tanto poco”?

Sì, c’è un’idea di purezza, probabilmente un’idea di innocenza che in fondo è quello che noi cerchiamo attraverso l’arte, attraverso la letteratura, attraverso le esperienze più belle che ci capitano nella vita. Tutto il resto è un po’ l’esistenza che ci sporca, ci confonde, ci rende, ci delude. Però l’arte serve anche a presentarci dei personaggi un po’ estremi. Prima era stato citato Bartleby lo scrivano. Probabilmente siamo da quelle parti, non necessariamente simpaticissimi, ma che chiedono alla vita qualche cosa di più, a volte anche qualcosa di impossibile.

Nel suo libro, la scrittura sembra muoversi tra il minimalismo e una profonda introspezione. Come riesce a bilanciare questi due aspetti per creare un racconto che sia al tempo stesso evocativo e accessibile?

Per questo, forse, la mia frequentazione della poesia. Insomma, fin da ragazzo e anche adesso, leggo molta poesia. Le parole devono essere pregnanti, devono avere dentro una luce, un suono, un mistero. Non devono essere parole descrittive, devono essere parole che ci portano verso un’esperienza. Ecco quindi un’altra cosa per cui servono poche descrizioni, poche spiegazioni. Tutto accade, accade mentre uno lo legge.

Lei è un autore che ha sempre mostrato una grande attenzione per le dinamiche sociali e culturali del nostro tempo. In che modo “Tanto poco” riflette o dialoga con la società contemporanea?

C’è un fondo cristiano nella mia educazione di base per cui sono sempre stato vicino a quel mondo degli ultimi, ma non soltanto in quel modo caritatevole ma come se lì, in questi personaggi, possa accadere qualche cosa che non accade in un mondo invece più strutturato più borghese, più efficiente, più performante. Sono anime perse, più vicine alla verità, la nostra verità, perché siamo poi tutti un po’ delle anime perse tramite questi personaggi. E forse, a volte, qualcuno può arrivare a delle piccole illuminazioni.

Marco Lodoli
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Al via la Decina 2025 del Premio Sila Marco Lodoli presenta “Tanto poco”Featured

La libreria Mondadori di corso Mazzini, a Cosenza, si prepara ad accogliere, venerdì 21 marzo alle 18, la presentazione del libro “Tanto poco” di Marco Lodoli. L’evento segna l’avvio ufficiale del percorso che porterà all’assegnazione del Premio Sila ’49, giunto quest’anno alla tredicesima edizione. E si inserisce nella tradizionale rassegna della “Decina”, pensata per far conoscere al pubblico i dieci titoli finalisti selezionati dalla Giuria del Premio. A dialogare con Marco Lodoli, sarà la professoressa Alba Battista, pronta a esplorare i temi e le suggestioni dell’opera, in un confronto che promette di svelare le sfumature e la profondità del testo. L’incontro offrirà anche ai presenti l’occasione di interagire direttamente con l’autore, approfondendo il processo creativo e le ispirazioni che hanno dato vita al romanzo pubblicato da Einaudi.

Marco Lodoli e “Tanto poco”

Scrittore di riconosciuto talento nel panorama letterario italiano contemporaneo, Marco Lodoli presenta al pubblico cosentino “Tanto poco”, opera che si aggiunge alla sua già ricca produzione letteraria. Il libro, edito da Einaudi, è stato selezionato tra i dieci finalisti del Premio Sila ’49, confermando la qualità della scrittura dell’autore e la rilevanza dei temi trattati. L’ingresso all’evento è aperto a tutti gli appassionati di letteratura e cultura. L’atmosfera accogliente della libreria Mondadori, situata nel centralissimo corso Mazzini, farà da cornice a questo importante momento culturale e creerà un’opportunità di incontro e scambio per la comunità letteraria.

La Decina 2025 e il Premio Sila ’49

Il Premio Sila ’49, giunto alla sua tredicesima edizione, rappresenta uno dei riconoscimenti letterari più significativi del panorama nazionale. La “Decina” costituisce la fase finale del Premio, durante la quale vengono presentati al pubblico i dieci libri finalisti selezionati dalla Giuria. Ogni opera viene illustrata dal suo stesso autore in un evento dedicato, offrendo così la possibilità di approfondire i contenuti e conoscere gli scrittori in corsa per l’ambito riconoscimento.

La presentazione del libro di Marco Lodoli inaugura questo ciclo di incontri, segnando l’inizio di un percorso culturale che animerà la città di Cosenza nei prossimi mesi. Gli appassionati di letteratura avranno l’opportunità di scoprire le opere in competizione e di partecipare attivamente al dibattito culturale che caratterizza questa prestigiosa manifestazione letteraria.

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LA SCHEDA DEL LIBRO

Marco Lodoli, Tanto poco, Einaudi

L’amore da lontano, l’amore che non si sporca con la vita, l’amore puro, assoluto, incrollabile: il nuovo romanzo di Marco Lodoli racconta la passione silenziosa e implacabile di una bidella per un professore che non si accorge di nulla, troppo preso dalle sue ambizioni artistiche, dall’illusione di essere diverso dagli altri, dalle sue piccole vanità. Matteo è un insegnante, ma anche uno scrittore: prometteva bene, poi però si è smarrito. E lei non ha mai cessato di amarlo, ma a che prezzo? Per difendere quella rosa bianca dal fango della vita ha dovuto essere inflessibile, feroce, spietata. Rinunciare a tutto. Marco Lodoli ci porta al centro di un sentimento travolgente che è rincorsa e fuga, smania e tensione verticale, sogno che niente e nessuno deve interrompere: una finzione folle, e proprio per questo più forte di ogni realtà. Una bidella e un professore, due esistenze parallele che forse non s’incroceranno mai, o forse si toccheranno per una notte soltanto, in un abbraccio che profuma d’amore e gratitudine, d’illusione e di oblio. «Tanto poco» basta per essere felici, bisogna solo respingere il mondo e consegnarsi a un’ossessione assurda e bellissima.

Marco Lodoli

Scrittore, giornalista e insegnante italiano, è nato a Roma il 22 ottobre 1956. La sua opera letteraria è caratterizzata da uno stile narrativo che esplora la realtà urbana e le dinamiche sociali con uno sguardo attento e sensibile. I suoi romanzi e racconti spesso si concentrano sui temi del viaggio, della morte e del rapporto tra l’individuo e l’altro, con particolare attenzione alle figure emarginate e ai “diversi”. Lodoli è anche noto per il suo impegno nell’ambito dell’istruzione, avendo lavorato come insegnante di lettere in un istituto professionale. Questa esperienza ha influenzato la sua scrittura, portandolo a riflettere sul ruolo della scuola e sull’importanza dell’educazione. Tra le opere più conosciute: “Snack Bar Budapest” (1987), “Cani e lupi” (1996), vincitore del Premio Palazzo al Bosco, “Il vento” (1997), vincitore del Premio Grinzane Cavour, “Isole. Guida vagabonda di Roma”, “Il preside” (2020). Oltre alla narrativa, Lodoli ha scritto anche saggi e articoli di giornale, collaborando con diverse testate.

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Conclusa la decima edizione, Lagioia, Castellina e Uyangoda premiati a Palazzo ArnoneFeatured

COSENZA – Si è svolta ieri, sabato 28 maggio, la cerimonia di premiazione dei vincitori della decima edizione del Sila ‘49. Negli spazi esterni di Palazzo Arnone, Nicola Lagioia (sezione Letteratura), Nadeesha Uyangoda (sezione Economia e Società) e Luciana Castellina (premio alla Carriera), oltre a ricevere i bronzetti realizzati per l’occasione dal maestro Mimmo Paladino, hanno dialogato con la giornalista e scrittrice Ritanna Armeni. E lo hanno fatto davanti a un foltissimo pubblico che, nei giorni dedicati all’annata 2021 del Premio diretto da Gemma Cestari, si è reso partecipe dei numerosi incontri, appuntamenti e lectio realizzate nel cuore vivo e pulsante del centro storico bruzio.

«Sono dieci anni di Premio Sila, dieci anni trascorsi a fare cose straordinarie – ha detto durante la manifestazione il presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini – Tutto ciò che è stato realizzato e che ci proponiamo di realizzare è accaduto e accadrà grazie alla vicinanza di moltissimi artisti e cittadini, i quali, insieme, hanno impreziosito le diverse edizioni susseguitesi. Se siamo qui – ha aggiunto – è perché fortemente consapevoli che le idee e le parole possono cambiare il mondo: il Premio vuole fare la sua parte per raggiungere questo obiettivo. Motivo per cui, tra le altre cose – ha concluso Paolini rivolgendosi al sindaco Franz Caruso seduto in platea -, con il presidente dell’Ordine degli avvocati di Cosenza Enzo Gallucci abbiamo proposto al Comune di nominare l’avvocato e scrittore Giuseppe Farina, che da anni si batte contro la Sla, responsabile dei diritti umani della città».

Luci, poi, sui premiati di quest’anno che, nel corso dell’evento, hanno parlato dei propri romanzi e delle proprie esperienze. Nicola Lagioia, vincitore con “La città dei vivi” (Einaudi), ha incantato i presenti ripercorrendo le pagine del proprio libro, «il primo per cui si è trovato dinnanzi alla non fiction e che trae spunto non solo da Carrere e Capote, ma dalla grande tradizione italiana di scrittori che fanno letteratura parlando di cose vere e che va da Levi a Ortese fino ad Alessandro Leogrande». Lagioia, reduce dal successo del Salone del Libro, sulla manifestazione torinese ha pure rivelato: «Dopo il 2023 si svolgerà senza di me. Sono diventato direttore quando il Salone stava morendo, è diventato un qualcosa di straordinario e credo che non abbia più bisogno del mio supporto».

I temi del razzismo, dei pregiudizi e del femminismo sono stati invece affrontati nel discorso della premiata per la sezione Economia e Società Nadeesha Uyangoda, autrice del volume “L’unica persona nera nella stanza” (66thand2nd). «Il razzismo non è solo violenza fisica ma cambia, si evolve, si trasforma – ha dichiarato Uyangoda – Ed è importante guardare alla Storia e pure dentro di noi per poterlo debellare; non rimanere ancorati a vecchie lotte politiche, bensì capire che bisogna farsi portavoce di ulteriori battaglie, per esempio quelle delle badanti, delle colf che quotidianamente vengono discriminate».

A Luciana Castellina, infine, definita «premiata all’esistenza», il “compito” di far comprendere cosa significhi oggi essere di sinistra. «La sinistra contemporanea non è quella che ho incontrato nel ’47, quando si era certi di cambiare il mondo. Nonostante ciò non mi va di essere pessimista e non lo sono neanche perché frequentando scuole, associazioni e la periferia di Roma mi sono resa conto di quanti giovani siano coinvolti nei mille modi possibili per aiutare l’altro. A questi ragazzi non interessa nulla del Parlamento, del resto non c’è alcun membro da cui si sentano rappresentati, ma è grazie a loro se nuove forme di democrazia nascono sul territorio». In ultimo, sulla guerra in Ucraina, la figura storica della politica italiana ha detto: «Se si sottovalutano i rischi andremo incontro a una guerra più ampia, mondiale e nucleare. Io ho fiducia solo in Papa Francesco, che continua a ripetere che non esistono guerre giuste, e nei generali, che attuano i negoziati. Chi lo avrebbe mai detto, oggi i miei rappresentanti politici sono i preti e appunto i generali».

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Svelati i vincitori della decima edizione del Premio Sila ’49: sono Nicola Lagioia, Nadeesha Uyangonda e Luciana Castellina. Dal 27 al 29 maggio la consegna dei riconoscimenti nel cuore del centro storico bruzio, ma anche la lectio magistralis di Tomaso Montanari in occasione degli 800 anni del Duomo di Cosenza sul sagrato della Cattedrale e il reading di Valerio Magrelli nella sede silana della FondazioneFeatured

COSENZA – Sono Nicola Lagioia con “La città dei vivi” edito da Einaudi (sezione Letteratura), Nadeesha Uyangonda con “L’unica persona nera nella stanza” edito da 66thand22nd (sezione Economia e Società) e la politica e scrittrice Luciana Castellina (Premio alla carriera) i vincitori della decima edizione del Premio Sila ’49, così come annunciati dal presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini e dalla direttrice del Premio Gemma Cestari.

La premiazione dei vincitori, a seguito delle varie fasi che hanno interessato il Premio e che hanno coivolto rinomati autori nonchè l’intera comunità, si terrà in tre giorni alla fine del mese di maggio. In particolare, venerdì 27, alle ore 18, in piazza dei Follari, la docente Unical Mariafrancesca D’Agostino e il sociologo Tonino Perna dialogheranno con Nadeesha Uyangonda. Subito dopo, alle 19, ci si sposterà eccezionalmente sul sagrato della Cattedrale cosentina per assistere alla relazione, intitolata Un indulto, una sospensione, un miracoloso arresto: il senso delle antiche chiese, dello storico Tomaso Montanari, in occasione delle celebrazioni degli 800 anni del Duomo. Sabato 28, inoltre, alle ore 11.30, a Palazzo Arnone, sede della Galleria Nazionale, si assisterà alla lectio magistralis di Luciana Castellina La mia vita a sinistra è, ancora, la scoperta del mondo; mentre nel pomeriggio, a partire dalle 18.30, si terrà la cerimonia di premiazione della decima edizione del Premio, condotta dalla giornalista e scrittrice Ritanna Armeni: a Lagioia, Uyangonda e Castellina verranno consegnati, come di consueto, i bronzetti realizzati dal maestro Mimmo Paladino. Domenica 29, infine, dal cuore del centro storico bruzio ci si trasferirà nella sede di Camigliatello Silano della Fondazione Premio Sila: sarà qui, dalle 11, che il giurato del Premio Valerio Magrelli leggerà alcune delle poesie tratte dalla sua ultima raccolta “Exfanzia” (Einaudi).

Tuffatori”, il manifesto dell’edizione 2021 del Premio è stato realizzato dall’artista di origine calabrese Natino Chirico. Sarà proprio incentrata sulle opere del raffinato disegnatore e ritrattista, la mostra che dal 30 maggio fino al 21 giugno potrà essere visitata all’interno delle sale del Museo dei Brettii e degli Enotri del quartiere Spirito Santo. Un evento, quest’ultimo, che chiude gli incontri e i pregiati appuntamenti della primavera del Premio Sila ’49, a cui tutta la città è invitata a partecipare, sempre nel rispetto delle normative anti-Covid.

Di seguito le motivazioni della Giuria per il conferimento del Premio:

Nicola Lagioia – «La città dei vivi è uno di quei grandi libri che nascono da un’occasione del tutto imprevedibile. Fin dal momento in cui lo scrittore visita il palazzo alla periferia di Roma che è stato il teatro dell’orribile crimine, costato la vita a un ragazzo giovanissimo, per scrivere un pezzo per il suo giornale, quella che si genera in lui è una fertile occasione, capace di accamparsi nella sua mente per il tempo necessario ad andare a fondo. Magistrale nell’alternanza della prima e della terza persona, il romanzo di Lagioia brucia totalmente, al fuoco di una dolente concezione poetica, ogni presupposto cronachistico, finendo per diventare il ritratto indelebile di un tempo, e di un luogo, nei quali anche la bellezza e il senso dell’eterno contrabbandati dai dépliant turistici sembrano aver smarrito la propria strada, aspetta le sue vittime nascosto negli eventi più ordinari: un messaggio sullo smartphone, una corsa in taxi, il puro e semplice trascorrere delle ore di una notte.

Nadeesha Uyangonda – «È molto bello il titolo di questo libro, firmato da Nadeesha Uyangonda per l’editore 66thand2nd: L’unica persona nera nella stanza. Chiamiamolo come vogliamo, pamphlet, saggio, memoir: certo è che le sue pagine raccontano con pacato furore il senso di isolamento, “che forse è il peggiore di tutti”, legato al fatto di essere, per l’appunto, L’unica persona nera nella stanza». 

Luciana Castellina – «Ad una straordinaria donna italiana, una comunista che ha sempre pensato con la sua testa senza mai voltarsi dall’altra parte, che anche nelle istituzioni nazionali ed internazionali ha dato voce alle minoranze, ha rivendicato diritti, si è battuta contro le ingiustizie, ha creduto – e crede – in uno stato sociale equo e fondato sulla libertà e sulla dignità del lavoro».

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Premio Sila ’49, annunciata la cinquina finalista della sezione letteratura. Firma il manifesto della decima edizione l’artista Natino Chirico. Il presidente Paolini: «Cerimonia conclusiva a marzo 2022 e lectio magistralis di Tomaso Montanari per celebrare gli 800 anni del Duomo di Cosenza»Featured

COSENZA – Sono Marco Balzano con “Quando tornerò” (Einaudi), Domenico Dara con “Malinverno” (Feltrinelli), Mario Fortunato con “Sud” (Bompiani), Nicola Lagioia con “La città dei vivi” (Einaudi) e Paolo Nori con “Sanguina ancora” (Mondadori) i cinque finalisti, per la sezione Letteratura, della decima edizione del Premio Sila ’49.

A darne comunicazione, questa mattina, martedì 30 novembre 2021, nella sede del centro storico bruzio della Fondazione Premio Sila, il suo presidente Enzo Paolini, la direttrice del Sila Gemma Cestari e il giurato Valerio Magrelli.

Contestualmente allo svelamento dei libri e degli autori in parola, ulteriori le notizie trasmesse nel corso dell’incontro. «La cerimonia finale del Sila ’49 – dichiara non a caso Paolini – si terrà nel mese di marzo 2022 e ciò per mere ragioni di prudenza e sicurezza, date le cronache poco rassicuranti in merito all’emergenza sanitaria da Covid-19. Sarebbe irresponsabile organizzare un grande evento in un periodo di questo tipo, segnato ancora da timori e necessità di agire con cautela. Circa, invece – aggiunge il presidente della Fondazione Premio Sila -, il manifesto che quest’anno accompagnerà le battute finali della nostra manifestazione, si può dire che è il raffinato artista Natino Chirico, calabrese di nascita ma romano d’adozione, a firmarlo. L’opera, intitolata “Insieme”, ha un forte impatto empatico: su uno sfondo rosso accesso pone, infatti, due figure umane ispirate al tuffatore di Paestum nell’atto, secondo la libera interpretazione di ciascuno, di tuffarsi, chissà, nel mare della immaginazione, della letteratura, del mondo fantastico, poetico e suggestivo della cultura. Ultima comunicazione – conclude Paolini – è poi quella relativa alla lectio magistralis che, durante i giorni dedicati per l’appunto alla premiazione finale, il giurato e storico dell’arte Tomaso Montanari terrà sul sagrato del Duomo di Cosenza in occasione del relativo ottavo centenario».

Dalla direttrice Cestari arrivano, invece, i ringraziamenti per i ragazzi delle scuole del territorio che, con passione e costanza, hanno attivamente seguito fasi e incontri del Premio stesso. «Una presenza, quella dei giovani – afferma Gemma Cestari -, che ci riempie di gioia e di orgoglio e per la quale ringraziamo gli allievi del liceo linguistico Lucrezia Della Valle, coordinati dalle docenti Vincenza Costantino, Antonietta Cozza e Silvia Vitale, e, ancora, gli 85 giovani del liceo classico Telesio, guidati dalla professoressa Rosanna Tedesco».

È Magrelli, infine, a illustrare la cinquina: «Se Balzano con la sua opera riesce a parlarci dell’emigrazione dolorosa di chi lascia la patria per lavorare all’estero e in particolare delle madri che lasciano i figli per prendersi cura di qualcun altro, Domenico Dara restituisce atmosfere magiche e misteriose attraverso la storia del bibliotecario Astolfo Malinverno e quella del paese fantastico di Timpanara. Con Mario Fortunato, inoltre, si ha la possibilità di leggere una saga del Meridione che ha al centro Valentino, un giovane del Sud che va via con la volontà di non voltarsi più indietro: il passato, come nel mito di Orfeo ed Euridice, lo obbligherà tuttavia a girarsi, se non altro in un ritorno mentale. Infine, Nicola Lagioia, scegliendo di raccontare una delle più tremende e inspiegabili tragedie italiane degli ultimi anni, riesce a collocarsi nel filone a cui già appartengono Truman Capote con “A sangue freddo” e Emmanuel Carrère con “L’avversario”; e Paolo Nori ripercorre la vita di Dostoevskij attraverso la propria, evidenziando come ogni lettore venga “ferito” dai capolavori poetici e narrativi».

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Marco Balzano, tra gli applausi del pubblico del Sila ’49, presenta il suo ultimo romanzo, Quando tornerò: «Una storia civile, per dare dignità ai milioni di donne che emigrano verso l’Occidente per prendersi cura di noi»Featured

Quattro volte finalista al Premio Sila ’49, Marco Balzano torna a Cosenza per presentare il suo ultimo romanzo, Quando tornerò, edito da Einaudi e incentrato sulla storia di Daniela – donna dell’Est, costretta a lasciare tutto per fare fortuna, ricoprendo il ruolo di badante, in Italia – e dei suoi figli, i cosiddetti orfani bianchi, che vivono quel dramma dell’abbandono sui cui molto spesso il mondo altro tace.

Dell’opera, non a caso nella decina 2021 del Sila, si è parlato ieri pomeriggio, sabato 16 ottobre, all’Officina delle Arti di Eduardo Tarsia, nel cuore, dunque, del centro storico bruzio. Introdotto dalla direttrice del Premio Gemma Cestari e incalzato dalle domande della docente di filosofia Viviana Andreotti e del giornalista e scrittore Pier Paolo De Salvo, Balzano ha raccontato al folto pubblico – presente in sala anche il presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini – i motivi sottesi a Quando tornerò, il percorso di scrittura intrapreso, i viaggi compiuti in Romania per poter meglio comprendere un fenomeno che riguarda tutti e non dovrebbe lasciare nessuno indifferente.

«Esiste un esercito di donne di cui non si parla mai; donne che sono indispensabili a che noi possiamo mantenere i ritmi di vita a cui siamo abituati, donne, milioni di donne, che si spostano dai Paesi meno ricchi verso l’Occidente per prendersi cura dei nostri cari, lasciando a se stesse le proprie famiglie – ha detto Balzano -. E il motivo per cui emigrano è principalmente quello di emancipare i loro figli, di dargli una speranza di futuro; nel farlo pagano un prezzo altissimo. La letteratura, pertanto, può aiutare a fare luce sul “dietro le quinte”, su storie di cui si discetta solo quando diventano casi di cronaca, oppure in maniera del tutto stereotipata».

Poi la discussione si è pure spostata sulle parole usate dall’autore per comporre il suo romanzo, parole che vengono pronunciate da Daniela, la madre, da Manuel, il figlio, e da Angelica, la primogenita, secondo un meccanismo corale, dove i diversi punti di vista si intrecciano, fornendo al lettore un quadro chiaro e completo sulla questione affrontata. «Ho raccontato una famiglia – ha dichiarato ancora Balzano -. Se Daniela una notte parte per Milano senza salutare nessuno, e lo fa solo per amore dei suoi figli, Manuel non la vede così, secondo lui la madre lo ha irrimediabilmente abbandonato. Il libro è quindi una scacchiera, si delineano quelle che sono le conseguenze delle azioni di tutti e il modo in cui vengono percepite dagli altri».

Libro che diventerà presto un film, «a cui – rivela Balzano al pubblico del Sila – sto lavorando insieme al regista e allo sceneggiatore». In ultimo, sempre riferendosi a quest’opera riguardante il prendersi cura, il desiderio di andare e di tornare, tra coraggio, nostalgia e senso di colpa, l’autore, prima di dedicarsi al firmacopie (moltissimi gli studenti partecipanti all’incontro), ha così concluso: «Con Quando tornerò volevo davvero dare un significato diverso alle parole, che sono importanti. Parlare di badanti, quasi in modo dispregiativo, non ci fa capire, umanamente, quale sia la loro storia. Quindi sì, da questo punto di vista, il mio libro è un romanzo a dimensione civile e politica».

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«La letteratura? Un viaggio alla scoperta della nostra identità». Mario Desiati presenta Spatriati al pubblico del Premio Sila ‘49Featured

«Gli spatriati sono gli sconnessi, coloro che stanno fuori dalla patria, dove la “patria” non va intesa come l’insieme dei confini di un territorio, la lingua o la nazionalità, bensì come “patria comune”, come tu dovresti essere secondo gli altri; si tratta di persone sradicate, inquiete, non catalogabili e in perenne ricerca della loro identità: tutti nella nostra vita siamo stati o siamo spatriati». Mario Desiati giunge nella sala consiliare di piazza Matteotti e spiega alla platea del Premio Sila ’49 il significato della parola, d’impronta dialettale, che dà il titolo al suo ultimo romanzo.

Un romanzo, Spatriati (Einaudi 2021) per l’appunto, che ha fatto ingresso nella decina del prestigioso riconoscimento, e che dunque l’autore presenta nell’incontro, tenutosi ieri pomeriggio, organizzato in collaborazione al Settembre Rendese.

In conversazione con la giornalista Alessia Principe e con la direttrice del Sila Gemma Cestari, Desiati, classe 1977 e originario di Martina Franca, racconta dei suoi Francesco Veleno e Claudia Fanelli, i protagonisti del volume che si muovono tra la Puglia – bellissima con la sua natura incontaminata, ma pure caratterizzata da «un’anima nera» – e la Berlino, contrassegnata da una vera e propria «vocazione alla giovinezza», alla libertà.

«La storia di Spatriati riguarda la generazione screziata e nostalgica dei quarantenni d’oggi», fanno notare le relatrici. E Desiati conferma: «È la storia di chi cerca il proprio posto nel mondo, ma che ha un legame profondissimo con le pietre, con le radici, con i luoghi da cui proviene. Mi piace pensare, a proposito di Francesco e Claudia, alla differenza tra gli uomini e gli alberi delineata dal libanese Amin Maalouf: l’uomo ha bisogno di strade, l’albero no; le radici ci nutrono, però ci trattengono e quindi è forse più affascinante farsi accompagnare, nel viaggio, da quelle che sono le proprie radici».

A ogni modo Spatriati, come si rileva nel corso della presentazione, a cui partecipano anche il presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini e l’assessore alla cultura di Rende Marta Petrusewicz, è un libro nei libri. «Moltissime – affermano ancora Principe e Cestari – le scrittrici e gli scrittori pugliesi che vengono citati e richiamanti all’interno del romanzo». Tra questi a emergere col suo “pensiero meridiano” è, in particolar modo, il compianto Franco Cassano.

«Franco Cassano – spiega Mario Desiati – è morto il giorno in cui dovevo consegnare il libro alla mia casa editrice e, perciò, in questo c’ho visto qualcosa di karmico, anche perché nelle pagine del romanzo lo citavo. E lo cito perché Cassano ci insegna l’importanza della lentezza, ci dice che bisogna fermarsi davanti a un albero e dargli un nome: siamo troppo concentrati su di noi e poco sugli altri. Cambiare sguardo – dice sempre l’autore – è, pertanto, un grande insegnamento; i protagonisti di Spatriati, in particolare Claudia, il pensiero meridiano ce lo hanno dentro».

L’incontro, infine, termina con una serie di domande “personali” poste a Desiati: i libri che lo hanno ispirato nella stesura del romanzo, il significato che attribuisce alla letteratura. «In Spatriati – risponde l’autore – ho reso omaggio a tutte quelle scrittrici pugliesi del Novecento che mi hanno ispirato, da Maria Corti a Rina Durante, passando per Maria Teresa Di Lascia, fino a Maria Marcone. Grazie a loro ho capito – conclude – che le fragilità sono proprio gli strumenti tramite cui abbattere le gabbie che ci rinchiudono o all’interno delle quali ci siamo rinchiusi. Ecco che la letteratura è un viaggio bellissimo alla scoperta della nostra identità ed ecco perché non rinuncerò mai ai libri e mi definirò sempre, anziché scrittore, lettore».

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Decina 2021, la presentazione de La città dei vivi di Nicola LagioiaFeatured

I treni presi, le carte studiate, le testimonianze raccolte, i libri letti e i film visti, le vie percorse. Di questo e altro parla Nicola Lagioia al folto pubblico del Premio Sila ‘49. Negli spazi dell’Arenella, nel cuore del centro storico bruzio, lo scrittore spiega, descrive, illustra e approfondisce i motivi che l’hanno spinto a scrivere il suo ultimo libro, La città dei vivi (Einaudi), che per l’appunto ha fatto ingresso nella decina 2021 del Sila. “Un’opera basata su un fatto reale – afferma Lagioia – che poi è quello dell’omicidio di Luca Varani, avvenuto cinque anni fa, a Roma, nel quartiere Collatino, per mano di Manuel Foffo e Marco Prato. Ricordo ancora il giorno, il 6 marzo del 2016, in cui la notizia si diffuse – aggiunge -. E ricordo benissimo gli elementi, diversi, che mi colpirono: la violenza, che mi sembrò la stessa di quella perpetrata nelle zone di guerra dove i diritti sono sospesi; la mancanza di movente; il fatto che non si trattasse di un delitto consumato nell’ambito della criminalità e, soprattutto, che i due assassini si raccontassero come due spossessati, che non si capacitassero cioè di aver commesso il fatto. In molti – prosegue Lagioia – trovarono analogie, vedasi la diversità di classe sociale di vittima e carnefici, tra l’omicidio Varani e il massacro del Circeo, ma io credo che non ce ne siano di similitudini: nel caso di Foffo e Prato, nonostante ciò non riduca la loro colpa, siamo di fronte ad assassini a loro insaputa. Ecco, pertanto, cosa può fare la letteratura: raccontare, spiegare, sollevare domande, senza dare risposte. Perché tutto questo è accaduto?”.

Affiancato dal magistrato Alfredo Cosenza e dalla direttrice del Premio Gemma Cestari, l’autore continua, così, questo viaggio fatto di parole; parole che fanno immergere i numerosi partecipanti dell’incontro non solo nella Città dei vivi, ma anche in quella che è la letteratura stessa. “È la prima volta – dichiara l’autore – che rinuncio alla finzione. Credo sia importantissimo che continuino ad esistere le Madame Bovary, le Anna Karenina e i capitani Acab: spesso la realtà, per dire la verità, deve indossare delle maschere. Tuttavia é importante pure il contrario e in questo senso abbiamo grandi esempi, da Truman Capote a Emmanuele Carrere; in tanti hanno raccontato fatti della realtà prendendo in considerazione quegli aspetti che uno storico, un antropologo e via dicendo lasciano da parte. Io – dice ancora – per scrivere questo libro sono uscito per la prima volta dalla mia comfort zone, ho incontrato tutte le persone coinvolte nell’omicidio, ho studiato e analizzato le carte, 5mila pagine di atti giudiziari, ho bussato alle porte di queste persone come un abusivo chiedendo di essere accolto e questo, sicuramente, è stato l’aspetto più difficile del lavoro. In definitiva – dichiara – ho cercato di restituire alla vicenda, finita in un trafiletto di giornale e semplicisticamente dimenticata, la sua complessità, la dignità”.

Sempre incalzato dalle domande di Cosenza e Cestari, Lagioia risponde a quella su Roma, ulteriore grande protagonista dell’opera. “Non credo – chiosa lo scrittore – che Roma rappresenti la terza mano che uccide Luca Varani. Roma era ed è tuttora una città senza bussola, quella che Fellini e Pasolini hanno saputo raccontare tramite la macchina da presa, ma non è una città violenta. È piuttosto una città che si erge sullo sfondo della vicenda raccontata, ed è eterna, consapevole, al contempo, che in realtà nulla è eterno”.

L’ultimo interrogativo a cui Nicola Lagioia risponde, davanti ai volti ammaliati e rapiti dei presenti e dunque prima di lasciare spazio agli autografi, è quella che gli pone Alfredo Cosenza. “La letteratura può salvare?”, chiede il magistrato. “Sì”, ribatte secco l’autore. E conclude: “I libri che scriviamo non necessariamente miglioreranno il mondo, ma quelli che leggiamo, su noi che li leggiamo, e perciò sul singolo, amplificano i sensi. Io una vita da non lettore non la potrei immaginare. I libri sono protezione e avventura. Aprono mondi e menti”. Del resto, di tutto ciò gli amici del Premio Sila sono sempre più convinti.

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Pronti per l’edizione 2021: ecco la decina. Cestari: “Libri belli e significativi, come nella tradizione del premio”.

“Una bellissima selezione per la nostra decima edizione”. È pronta la decina 2021 del Premio Sila ’49 e Gemma Cestari, direttrice del premio, è entusiasta “dell’attenzione che le case editrici ci riservano candidando i propri libri, della qualità degli arrivi (dall’autore esordiente e sconosciuto al grande circuito, ai nomi più importanti) e infine del grande lavoro della giuria tecnica, che in tempi strettissimi è riuscita a selezionare il meglio per un’edizione per noi importantissima. Come sempre, con qualche piccolo rimpianto per le opere rimaste fuori”.

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Svelata la Decina 2019, ecco i titoli

Per l’ottava edizione del Premio una selezione di titoli e autori di altissimo livello. Eccola, in rigoroso ordine alfabetico:

Mauro Covacich – “DI CHI E’ QUESTO CUORE” – La nave di Teseo

Claudia Durastanti – “LA STRANIERA” – La nave di Teseo

Mimmo Gangemi – “MARZO PER GLI AGNELLI” – Piemme

Giacomo Papi – “IL CENSIMENTO DEI RADICAL CHIC” – Feltrinelli

Francesco Pecoraro – “LO STRADONE” – Ponte alle Grazie

Francesco Permunian – “SILLABARIO DELL’AMOR CRUDELE” – Chiarelettere

Andrea Pomella – “L’UOMO CHE TREMA” – Einaudi

Evelina Santangelo – “DA UN ALTRO MONDO” – Einaudi

Vanni Santoni – “I FRATELLI MICHELANGELO” – Mondadori

Nadia Terranova – “ADDIO FANTASMI” – Einaudi

 

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