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La Lupa

Emmanuele Bianco
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Gli autori e i loro libri. Emmanuele Bianco ha presentato “La lupa”Featured

Sabato scorso, nella sede della Fondazione Premio Sila, è iniziata con un suggestivo amarcord, la presentazione del romanzo “La Lupa”. Emmanuele Bianco, l’autore di origini calabresi, “fu il primo scrittore che accogliemmo con Enzo Paolini – ha ricordato la direttrice del Premio Sila ’49, Gemma Cestariquando la Fondazione era soltanto un atto da un notaio. Cioè non avevamo ancora iniziato le nostre attività…”.

Così, si è consumato il gradito ritorno di Bianco. L’occasione è stata quella della sua ultima fatica letteraria. Tra le pagine del libro, una storia ambientata in Calabria, in un piccolo borgo immaginario, Lupastretta, con protagonista Maria Rosa, una giovane donna: mamma, senza marito, imprenditrice.

Quello che mi è piaciuto moltissimo nel romanzo di Emanuele – ha affermato la Cestari – è che lui racconta una storia di indipendenza e di libertà. E lo ambienta nel luogo in cui, mi diceva, esserci una radice reale, che è quella di sua nonna. In un luogo dell’arretratezza. Matrice comune – e realistica – a tanti racconti sulla nostra terra”.

Le vicende si muovono in un arco temporale che va dal 1942 al 1959, ovvero dal pieno della Seconda Guerra Mondiale alla soglia degli anni Sessanta, quelli in cui tutto ciò che si era seminato durante il Dopoguerra inizia a germogliare, a offrire i suoi frutti. In questo scenario, apre le danze il parto di Maria Rosa che è come uno start della sua vita in qualche modo controcorrente, in un ambiente poco predisposto già di per sé a condotte fuori binario. E lei si fa imprenditrice, sfrutta la sua alfabetizzazione, si fa avanti tra podestà e paesani perché, come ha sottolineato Bianco, “la scelta più difficile è sempre quella di fare ciò che ci si sente di fare. Quella, è la più difficile. Che essa sia restare, andare, fare una cosa o non farla. Arduo e faticoso è fare quello che ci si sente. Infatti, molto spesso si finisce per non farlo”.

La presentazione si è chiusa con la lettura di un brano da parte di Emmanuele Bianco.

Tre domande a Emmanuele Bianco

Abbiamo chiesto all’autore di parlarci della forza del suo personaggio, del suo rapporto speciale con il figlio e del perché abbia ambientato la sua storia proprio in un paesino calabrese

Com’è nata l’idea dell’ambientazione in un piccolo borgo calabrese e come hai costruito il tessuto sociale che gira intorno alla storia?

L’idea è nata perché lo conosco molto bene e anche la costruzione è partita da una conoscenza piuttosto approfondita. Perché il paese del romanzo è un po’ il paese che io ho frequentato da giugno a settembre, per tutta la mia vita, ovvero Bianchi, qui vicino, a pochi chilometri da Cosenza. E il motivo per cui ho deciso di ambientare questo libro lì è perché sentivo che a parte essere un luogo magico come tutti i luoghi che frequenti nell’infanzia/adolescenza, era funzionale alla storia che volevo raccontare, di questa donna che viveva in quel paese e in quegli anni. Ecco, i motivi principali sono questi.

Da dove arriva la forza di Maria Rosa? Una donna, una mamma, una senza marito, in una terra difficile…

Bella domanda. Da dove arriva? Non lo so. Forse uno ci nasce. Immagino sempre che ci sia un gallone di energia, di forza vitale per la quale esistono persone che a una stessa sollecitazione reagiscono in modo diverso. Persone che hanno un talento naturale per prendere sempre un’altra strada, che non è la più semplice. E quindi da dove arriva non te lo saprei dire. Credo sia un dono e che Maria Rosa l’abbia sfruttato fino in fondo.

Spesso, il genitore forte, volitivo e determinato, si ritrova morbido con la prole, oppure talmente severo e austero da rovinare il rapporto. Non sembra andare così tra Maria Rosa e Agostino…

No, non sembra andare così. Di Maria Rosa viene fuori lo spirito di indipendenza, l’autodeterminazione, il fatto di essere un po’ un personaggio fuori dal proprio tempo, per ovvie ragioni. Ma non entra in contrasto con tutto e tutti. Forse, il fatto di sfogare tutta la sua rigorosità, quella sua determinazione per affermarsi in una cosa che non sia l’educazione del figlio, lascia spazio a degli aspetti di tenerezza e di dolcezza che invece riversa esclusivamente nei confronti di Agostino e, magari, non con i paesani, ad esempio, non sul lavoro. Riesce molto bene a fare una netta distinzione tra ciò che è un ambiente domestico amorevole e uno esclusivamente personale e professionale

 

 

 

Emmanuele Bianco
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Emmanuele Bianco presenta “La Lupa”Featured

È una sorta di viaggio emozionale tra le pagine. E si intraprende ogni volta che ascoltiamo un autore parlarci del suo libro. Succederà ancora. Ed è un appuntamento da non perdere! Sabato 5 ottobre, alle 18, nella sede della Fondazione Premio Sila, nella suggestiva via Salita Liceo, in pieno centro storico di Cosenza. Emmanuele Bianco presenta il suo romanzo, “La Lupa”, edito da Mondadori. A dialogare con l’autore, la direttrice del Premio Sila ’49, Gemma Cestari. Insieme, accompagneranno il pubblico a conoscere la protagonista indiscussa del libro, Maria Rosa, giovane ragazza calabrese, dallo spirito indipendente. Donna e mamma, senza marito, ma con un’enorme determinazione e con una spiccata vis imprenditoriale che l’aiuta a campare e, specialmente, a costruire un’esistenza più che dignitosa per lei e per il figlio Agostino. A Lupastretta, piccolo borgo calabrese, in uno spaccato storico di grandi eventi e di epocali cambiamenti sociali ed economici del nostro Belpaese.

LA SCHEDA DEL LIBRO

Emmanuele Bianco, La Lupa, Mondadori

Nel 1942, la determinata e indipendente Maria Rosa partorisce il primo figlio Agostino. Nel borgo calabrese di Lupastretta, nessuno sa chi sia il padre. La donna si guadagna da vivere gestendo un forno in concorrenza con quello del podestà fascista don Felice. Il dopoguerra vede Maria Rosa arricchirsi e pensare a un futuro di imprenditrice: acquista un terreno e va ad abitare nella casa del fratello emigrato in America. Agostino impara a guardare il mondo, a riconoscerlo grande e segreto. Con i piccoli amici esplora le ambiguità e gli incanti di una società sospesa fra gli abissi di esistenze arcaiche e l’irruenza del tempo. Ad alimentare il mistero, Maria Rosa è di nuovo madre senza mariti. Don Felice, passato tra le fila dei democristiani, si dispone a guidare il paese. C’è come un incendio che consuma immaginazioni, desideri. Maria Rosa si leva in tutta la sua ferinità a dominare scene e destini. Agostino sente in sé la magia e la forza della madre, ai confini di tutto l’accadere e di tutte le sfide che segnano le incerte sorti di Lupastretta.

Emmanuele Bianco evoca vicende che sfociano con larghezza di toni e furore narrativo in un disegno da grande saga famigliare, dove il lettore è chiamato ad abitare, e a bruciare emozioni.

 EMMANUELE BIANCO

Nato a Milano nel 1983, si trasferisce a Roma, dove lavora come aiuto regista. Ha frequentato la Scuola Holden e ha pubblicato “Tiratori scelti” (Fandango, 2010), “E quel poco d’amore che c’è” (Fandango, 2013) e “La pura carne” (Baldini+Castoldi, 2017).

 

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