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Linda Ferri
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Linda Ferri svela “Il nostro regno”Featured

La libreria Ubik di Cosenza si prepara ad accogliere un nuovo capitolo della Decina 2025, il ciclo di incontri che presenta i finalisti della tredicesima edizione del Premio Sila ’49. Mercoledì 9 aprile, alla 18, la libreria Ubik ospiterà Linda Ferri, autrice del romanzo “Il nostro regno” (catalogo Gramma di Feltrinelli). Attraverso una narrazione delicata e nitida, la scrittrice ricostruisce le vicende di una famiglia che attraversa il Novecento, mescolando emigrazione, legami indissolubili e il peso silenzioso della Storia collettiva. A dialogare con l’autrice, Eva Catizone, in un confronto che promette di scavare nel cuore di un’opera letteraria già definita “indimenticabile”.

 Un atto di resistenza culturale

«Il Premio Sila riconosce e celebra autori che sanno donare voce alle storie sommesse, quelle che rischiano di perdersi nel rumore del tempo», ha dichiarato l’avvocato Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila. «Linda Ferri incarna questa missione: con grazia e profondità, trasforma il personale in universale, regalando al lettore un viaggio nella memoria che è anche un atto di resistenza culturale». Gemma Cestari, direttrice del Premio, ha aggiunto: «Con “Il nostro regno”, Linda Ferri dimostra come la letteratura possa essere un ponte tra generazioni. La sua scrittura, precisa eppure carica di poesia, ci restituisce un mondo perduto con tale intensità da renderlo vivo e urgente. È un romanzo che non commuove soltanto, ma educa lo sguardo a riconoscere la bellezza nelle pieghe del quotidiano».

 

 Linda Ferri e “Il nostro regno”

Autrice di rara eleganza narrativa, Linda Ferri torna con un romanzo che irrompe nel panorama letterario con la forza di un’eredità ritrovata. “Il nostro regno” racconta la storia di una famiglia attraverso decenni di emigrazione, amori difficili e legami che sfidano il tempo. Dalla figura memorabile della madre ai nonni partiti per gli Stati Uniti, fino ai fratelli e agli amori “sulla soglia della Storia”, Ferri tesse un racconto in cui il privato si fa specchio di un’epoca.

Come scriveva James Joyce, «la vita ti chiama a voce alta»: ed è questa chiamata a spingere l’autrice a trasformare ricordi personali in un’opera che appartiene a tutti. Con una lingua precisa e lieve, il romanzo cattura il tepore di un mondo perduto, restituendolo attraverso dettagli vividi e una poesia discreta. Non è solo la cronaca di una famiglia, ma il ritratto di un secolo intero, tra drammi e ironia, impegno e leggerezza. Un libro che, pur radicato nel passato, parla al presente con una voce unica, trasformando l’autrice in una compagna di viaggio per il lettore.

De Silva
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Diego De Silva incanta il pubblico del SilaFeatured

L’aria che si respirava ieri alla Ubik di Cosenza era quella che solo una libreria sa regalare: un luogo dove storie e pensieri trovano casa, pronti a essere scoperti, condivisi, vissuti. Tra gli scaffali perfettamente ordinati e carichi di promesse letterarie, il numerosissimo pubblico si è lasciato trasportare nella magia della presentazione di “I titoli di coda di una vita insieme“, il nuovo libro di Diego De Silva. Un incontro che ha visto dialogare lo stesso De Silva con la giornalista Concetta Guido e la direttrice del Sila, Gemma Cestari, e che ha saputo regalare emozioni profonde, grazie all’intenso coinvolgimento dei partecipanti. Una bella conferma, ancora una volta, della vitalità del Premio Sila, giunto alla sua tredicesima edizione.

Un dialogo tra letteratura ed emozione

L’incontro si è aperto con il contributo di Gemma Cestari, direttrice del Premio, che ha offerto una lettura appassionata dell’opera di De Silva, citando un celebre passaggio di “Il giovane Holden” di J.D. Salinger: «Vorrei iniziare con una cosa che gli devo. “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando hai finito di leggere tutto quel che segue, vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”. Avete riconosciuto tutti la celeberrima frase di Holden Caulfield, ed è esattamente quello che ho pensato nel mio primo impatto meraviglioso con il primo libro di Malinconico – ha esclamato Cestari –. Ho proprio pensato: ma questo perché mi sta dicendo delle cose che riguardano la mia vita? E io non sono un avvocato, però aveva quella stessa ricerca di assoluto, quello stesso tratto di innocenza, di ricerca di purezza, da farmi pensare immediatamente di aver trovato un fratello maggiore napoletano e per di più avvocato del Giovane Holden».

La giornalista Concetta Guido ha poi preso la parola, entrando subito nel cuore del libro: «Fosco e Alice sono i protagonisti, marito e moglie. Lui è uno scrittore e lei un medico oncologo. Sono i titoli di coda di una vita insieme, del loro amore, di un grande amore. Stanno diventando due isole, come posso dire, dello stesso arcipelago. Ma c’è una frase ricorrente di Fosco che mi colpisce tra i tanti suoi pensieri detti ad alta voce al lettore. Lui dice che di fronte alla fine di un amore, la differenza tra la ragione e il torto non ha più senso. E questo penso che sia il cuore vero. Ma poi dice anche un’altra cosa: lui avrebbe passato la sua vita con Alice anche da infelice…». De Silva, visibilmente emozionato dalla calorosa accoglienza, ha risposto: «Sono felice di partecipare a questo Premio. Tra l’altro vedo che c’è una concorrenza di altissima qualità di colleghi, uno più bravo dell’altro, quindi sono anche un po’ spaventato. Però incrociamo le dita. Cosa vi posso dire del libro? Intanto sono partito volutamente dalla fine. Ho voluto omettere tutto ciò che riguarda l’accaduto che ha portato Fosco e Alice alla decisione di divorziare, perché se avessi fatto questo avrei fatto del pettegolezzo sul matrimonio, cosa che non mi interessa. L’attacco del libro, l’incipit è: “Alice e io ci vogliamo bene, per questo ci stiamo lasciando”. Che è un paradosso, ma è paradossalmente vero».

“Un po’ di tenerezza”

L’autore ha poi approfondito il tema della separazione: «Davanti alla consapevolezza che l’amore è finito ci sono due possibilità: o arrendersi ad una vita un po’ insapore, inodore, in cui l’amore è andato via ed è rimasto dell’affetto o, come cantava meravigliosamente Fabrizio De André, “un po’ di tenerezza”, oppure affrontare la realtà guardandosi in faccia e dirsi: “Ci siamo amati tantissimo, ma è finita.” E questo comporta una certa dose di irresponsabilità nel lanciarsi nella vita che ricomincia. La separazione è una cosa che tende ad avvenire quando la vita è già a metà del guado. Per cui non è che ricomincio. Ricomincio da dove? Con chi? Facendo cosa?».

De Silva ha inoltre condiviso una riflessione critica sul linguaggio delle separazioni: «Dal momento in cui si pronuncia la parola “separazione”, scatta un meccanismo che non si ferma più. E qui nasce un problema perché Fosco è uno scrittore e ha un rapporto molto alto con la parola e non ci sta all’idea di mortificare il suo matrimonio nel grigiore miserabile del linguaggio giuridico. Chi ha esperienza di separazione sa che quella è una delle situazioni più mortificanti della vita, perché ci si trova ridotti a un paio di fogli spillati con un mandato a margine con poche frasi di rito, di circostanza, usate abitudinariamente anche dagli avvocati più bravi. Questo linguaggio scadente riduce tutto a pochissimo. Il diritto si arroga il diritto di entrare all’interno di una storia d’amore che finisce, dettando delle regole per la gestione della separazione. È intollerabile già sul piano concettuale, ma soprattutto sul piano linguistico».

La Decina 2025 prosegue

L’incontro con Diego De Silva rappresenta il secondo appuntamento della Decina 2025 e conferma la vivacità culturale del Premio Sila ’49. La rassegna proseguirà nelle prossime settimane con altri autori finalisti, continuando a offrire al pubblico cosentino occasioni di confronto e approfondimento letterario.

Al termine dell’incontro, Gemma Cestari ha commentato: «La serata con Diego De Silva ha rappresentato un momento di straordinaria intensità. Il pubblico ha risposto con entusiasmo, creando quell’alchimia speciale che si verifica quando un libro tocca corde profonde. De Silva ha saputo raccontare la fine di un amore con una delicatezza e un’ironia che solo i grandi scrittori possiedono. Il suo romanzo rappresenta perfettamente lo spirito del Premio Sila: opere che sanno unire qualità letteraria e capacità di dialogo con il lettore».

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Tre domande a Diego De Silva

Abbiamo voluto approfondire ulteriormente alcuni dei temi del libro con l’autore…

Nel romanzo, Fosco rifiuta il linguaggio burocratico dei tribunali per riscrivere la propria separazione con parole autentiche. Come questa scelta riflette il suo rapporto personale con il potere narrativo delle parole?

«Il linguaggio giuridico riduce una storia d’amore a formule vuote, a “fatti che hanno reso impossibile la convivenza”. Fosco, come scrittore, non poteva accettare quella mortificazione. Volevo mostrare che, anche nella fine, esiste una dignità possibile: trasformare il dolore in racconto. Le parole non sono solo strumenti, sono ponti per conservare ciò che sembra perduto. Fosco e Alice scelgono di scrivere i loro “titoli di coda” perché credono che la verità di un amore sopravviva solo se narrata con autenticità, lontano dal grigiore delle aule».

Gemma Cestari ha sottolineato che il suo romanzo è un “atto politico” per aver anticipato il declino delle libere professioni. Crede che la letteratura abbia ancora il dovere di denunciare le ingiustizie sociali, come ha fatto nel 2007 con Malinconico?

«La letteratura non deve essere un manifesto, ma non può ignorare il mondo in cui vive. Con Malinconico, ho raccontato una generazione che ballava sul Titanic, inconsapevole del declino. Oggi quel declino è realtà, eppure pochi ne parlano. Scrivere di liberi professionisti, di coppie che affrontano la separazione, è un modo per restituire voce a chi è stato rimosso. La politica ignora queste fratture, ma i romanzi possono aprire discussioni. Non offrono soluzioni, ma costringono a guardare in faccia ciò che si preferisce nascondere».

Nel libro, ha volutamente omesso gli eventi che portarono al divorzio di Fosco e Alice. Perché ha scelto di concentrarsi solo sulle conseguenze, e non sulle cause della loro separazione?

«Volevo evitare il pettegolezzo sul “perché” si sono lasciati. Le cause sono spesso banali, o troppo private. Ciò che mi interessava era esplorare cosa succede dopo: come due persone che si sono amate profondamente gestiscono il vuoto, come cercano di trasformare un fallimento in un nuovo inizio. Fosco e Alice non sono nemici, sono due isole dello stesso arcipelago. La loro sfida non è litigare sul passato, ma trovare un linguaggio comune per dare senso a ciò che resta. È in questo spazio che nasce la possibilità di una bellezza imprevista».

Bando Premio Sila 2025
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Pronto il bando per l’edizione 2025!Featured

Scalda i motori la tredicesima edizione del Premio Sila ’49. La Fondazione ha pubblicato il bando per il 2025. Chi volesse partecipare ha tempo di inviare la propria opera fino alle 12 del 10 novembre 2024. Questa dovrà essere accompagnata da una lettera che indichi la sezione per cui si intenda candidarsi. Conditio sine qua non anche il periodo in cui il testo è stato editato, dall’1 novembre 2023 al 31 ottobre 2024.

Com’è ormai consuetudine, il Premio Sila comprenderà tre sezioni, Letteratura, Economia e Società, e Sguardo da lontano, quest’ultima dedicata a saggi e opere realizzati da autori stranieri o italiani che abbiano a oggetto il Mezzogiorno, visto da una prospettiva esterna. Anche per la tredicesima edizione, la giuria si riserva la facoltà di assegnare premi speciali.

Tutte le informazioni sulle modalità di partecipazione sono rintracciabili al seguente link (https://www.premiosila49.it/il-regolamento/), dov’è presente il bando, scaricabile insieme al regolamento dell’edizione 2025.

Vivian lamarque
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A Vivian Lamarque, grande poetessa del nostro tempo, va il Premio alla CarrieraFeatured

Respirare la contemporaneità della vita con un’artista di grandissimo spessore è un privilegio unico. E grazie al Premio alla Carriera, potremo vivere la grandezza assoluta di Vivian Lamarque. La poetessa e scrittrice milanese sarà a Cosenza il 22 giugno per ritirare il suo Premio Sila e con l’occasione terrà una lectio magistralis. Un’occasione da non perdere che certamente riuscirà a far vibrare gli animi dei presenti esattamente come riesce a fare da oltre mezzo secolo con le sue poesie, ma anche con le sue fiabe originali per ragazzi e con le traduzioni delle grandi fiabe classiche. Abbracciando una platea sterminata di appassionati. Con quel suo stile delicato e toccante capace semplicemente di coinvolgere tutti.

Le sue vicende personali hanno contribuito in maniera preponderante alla sua sensibile e originale produzione poetica. Data in adozione a nove mesi, perché figlia illegittima, i temi dell’abbandono, dell’adozione, della ricerca delle origini, oltre a quelli dell’amore per i bambini e dell’amore adulto, della famiglia, dell’amicizia e del lutto ne hanno connotato il percorso letterario. La semplicità di stile è una delle caratteristiche molto apprezzate e nella sua carriera ha ricevuto diversi riconoscimenti. Da quello del suo primo libro di poesie “Teresino” che si aggiudicò il Premio Viareggio Opera Prima nel 1981, fino agli ultimi due, la prima edizione del Premio Strega Poesia con la raccolta “L’amore da vecchia” e il nostro Premio Sila ’49 alla Carriera.

Come ha scritto nella motivazione del Premio alla Carriera, il nostro giurato Valerio Magrelli, “L’ultima raccolta di versi pubblicata da Vivian Lamarque si intitola “L’amore da vecchia”. Ma già la sua prima, uscita oltre 40 anni fa, trattava un tema analogo, ossia l’amore da giovane. Tutto questo a riprova di quanto possa essere costante la presenza di una musa in una tra le maggiori poetesse della sua generazione…”.

“Oggi posso dire – ha detto in conferenza stampa Enzo Paolini – chi è il vincitore del Premio alla Carriera, che quest’anno per la prima volta nella storia del Premio Sila è una vincitrice: la poetessa Vivian Lamarque, già Premio Strega Poesia 2023 con ‘L’amore da vecchia’. Vivian Lamarque – ha aggiunto – non ha bisogno certo di presentazioni e incarna i valori, la missione e l’immagine che noi vogliamo dare del Premio Sila, della Calabria e del nostro Paese”.

Cinquina 2024
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Svelata la Cinquina 2024!Featured

La Cinquina 2024 è stata svelata! La direttrice del Premio Sila, Gemma Cestari, e il presidente della Fondazione Premio Sila, l’avvocato Enzo Paolini, hanno reso noti i cinque libri durante la conferenza stampa di stamattina alla libreria Mondadori di Cosenza. Inoltre, hanno rivelato  che sarà Gianni Dessì l’artista del manifesto ufficiale di questa dodicesima edizione con l’opera “Del libro… l’oro”

Durante un’affollata conferenza stampa, non erano presenti solo giornalisti. Nei locali della libreria Mondadori di Cosenza, Gemma Cestari e l’avvocato Enzo Paolini, rispettivamente direttrice del Premio Sila e presidente della Fondazione Premio Sila, hanno svelato la Cinquina ovvero i cinque libri finalisti da cui la giuria sceglierà il vincitore dell’edizione 2024.

cinquina 2024

Eccoli, in ordine d’autore, rigorosamente alfabetico: “Un paese felice” (Mondadori) di Carmine Abate, “Grande meraviglia” (Einaudi) di Viola Ardone, “Jazz Cafè” (La nave di Teseo) di Raffaele Simone, “Una minima infelicità” (Neri Pozza) di Carmen Verde e “L’imperatore delle nuvole” (Neri Pozza) di Pierpaolo Vettori.

Oltre alla Cinquina, sono stati resi pubblici anche la destinataria del Premio Sila alla Carriera, la poetessa milanese Vivian Lamarque, e l’autore del manifesto di questa dodicesima edizione, con l’opera intitolata “Del libro… l’oro”, l’artista Gianni Dessì, famoso per la sua arte contemporanea.

“Innanzitutto voglio testimoniarvi la soddisfazione di prendere atto che la formula individuata e sperimentata in questi anni ha reso il Premio Sila ’49 penetrante nel contesto cittadino – ha affermato soddisfatto l’avvocato Enzo Paolini – perché il Comitato dei lettori, che ringrazio, è stato decisivo per la selezione della Cinquina, con un tasso di partecipazione di voto e di qualità notevolissimi. Ciò ha messo la giuria in condizioni di scegliere il vincitore in una rosa di qualità. Man mano è cresciuta la partecipazione e di questo dobbiamo ringraziare i librai di Cosenza che sono una categoria indispensabile per il nutrimento di cui abbiamo bisogno”.

Il presidente della Fondazione Premio Sila ha ringraziato anche il Comune di Cosenza e l’assessore Antonietta Cozza, presente alla Mondadori, che “istituzionalmente ci accompagna sempre con grande disponibilità in tutte le nostre manifestazioni, in tutti gli aspetti della nostra organizzazione”. La risposta dell’assessore è arrivata subito. “Torna il Premio Sila che per la città di Cosenza è un momento significativo – ha dichiarato Cozza – anche per la straordinarietà del lavoro che svolgono. Il Premio è patrocinato dal Comune di Cosenza quindi noi siamo da sempre vicini al premio Sila e a tutta la loro programmazione anche perché i nomi che riescono a portare in città sono significativi. Poi la rivelazione di questa mattina del Premio alla Carriera assegnato alla grande poetessa Vivian Lamarque ci rende particolarmente soddisfatti e felici di questo viaggio sinergico insieme. E ringrazio vivamente sia Enzo Paolini sia Gemma Cestari per questo”.

Molto abbottonato sugli sviluppi della ‘gara letteraria’, Enzo Paolini ha aggiunto che “la giuria è al lavoro per l’individuazione del vincitore della sezione narrativa e della sezione economia e società, e nei prossimi giorni sapremo chi sono i vincitori. Oggi posso dire chi è il vincitore del Premio alla Carriera, che quest’anno per la prima volta nella storia del Premio Sila è una vincitrice: la poetessa Vivian Lamarque, già Premio Strega Poesia 2023 con ‘L’amore da vecchia’, che terrà la sua lectio magistralis la mattina di sabato 22 giugno. Vivian Lamarque – ha concluso il presidente – non ha bisogno certo di presentazioni e incarna i valori, la missione e l’immagine che noi vogliamo dare del Premio Sila, della Calabria e del nostro Paese”.

Qualche accenno è stato fatto anche per quanto riguarda la cerimonia finale del Sila. “Si terrà il 21 e il 22 giugno a Cosenza – ha annunciato Gemma Cestari – poi, il 23 giugno ci sposteremo nella sede della Fondazione di Camigliatello Silano. Stiamo lavorando agli ultimi dettagli e, a breve, diffonderemo notizie più precise”.

greta pavan
Fondazione, Notizie

Decina 2024, presentato “Quasi niente sbagliato” di Greta PavanFeatured

Dieci libri da presentare. Dieci autori incontrano il pubblico.

Ieri sera, la libreria Mondadori di Cosenza, in piazza XI Settembre, ha accolto la scrittrice Greta Pavan per la presentazione del suo libro “Quasi niente sbagliato” (Bollati Boringhieri editore). Dopo l’introduzione di Gemma Cestari, direttrice del Premio Sila, hanno dialogato con l’autrice l’avvocato Erika Rodighiero e la professoressa Maria Letizia Stancati

Il Premio Sila ’49 ha regalato un altro incontro molto interessante alla città di Cosenza. Ieri sera, lunedì 8 aprile, nella sala della libreria Mondadori, in pieno centro, Greta Pavan ha presentato il suo libro “Quasi niente sbagliato” (Bollati Boringhieri editore) che fa parte della Decina 2024 del premio letterario bruzio. E ancora una volta, tanta gente è accorsa ad assistere all’evento, seguendo con palpabile interesse le parole della scrittrice e gli interventi dell’avvocato Erika Rodighiero e della professoressa Maria Letizia Stancati che, da appassionate della lettura, hanno contribuito ad approfondire i temi del libro, già insignito della Menzione Speciale della giuria del Premio Calvino 2022.

“‘Quasi niente sbagliato’ è un libro dalla strana e intelligentissima architettura – ha detto Gemma Cestari introducendo Greta Pavan – è la storia di Margherita, nata nel 1990 in Brianza, raccontata in capitoli, che scorrono con un avanti e indietro temporale funzionale alla costruzione complessiva, perché da questi capitoli in cui accadono apparentemente episodi minimi – il “quasi niente” del titolo –, viene fuori la complessità della formazione di Margherita e il suo tentativo di trovare un posto nel mondo, emergono tutti i membri della sua famiglia e il contesto che la circonda. E sono questi quasi niente che segnano le vite di tutti, soprattutto quando accadono nell’infanzia”.

Le vicende narrate si svolgono in una Brianza fredda e austera, dove l’intero universo sociale gira attorno al lavoro. “La letteratura della provincia in Italia è molto fertile – ha spiegato Greta Pavan – ce n’è moltissima relativa al Sud d’Italia, molto poca riferita ad alcune aree del Nord. La Brianza è stata trattata da Gadda, ma un altro tipo di Brianza rispetto a quella che c’è in questo romanzo, una Brianza verde, una Brianza di natura all’interno della cognizione del dolore. Io mi sono chiesta come mai, mi sono chiesta come mai e mi sono data una risposta che ha a che fare con la ricchezza e il benessere. Cioè, laddove c’è un grande benessere, innanzitutto, di tipo economico, laddove sembra andare tutto bene, è più difficile trovare delle storie, perché le storie partono necessariamente da un conflitto. Se non c’è un conflitto, anche in una narrazione a lieto fine è molto difficile costruire una storia. E all’interno di ambienti di questo tipo è complesso trovarne. E quindi io mi sono domandata, ma veramente in questo tutto giusto, non c’è una piccola crepa? Sì, ci sono delle crepe. apparentemente molto piccole che però possono essere indagate e all’interno dei capitoli del romanzo troverete appunto episodi minimi, di minima violenza. Questo è un romanzo sicuramente sulla violenza ma non vi aspettate una violenza traumatica, non vi aspettate un grande evento scatenante di altri. Costruiscono più una tensione sotterranea che un’esplosione di violenza. Quindi si parla di personaggi che vengono definiti da piccolissimi atti di violenza che però in qualche modo, come mi piace immaginarli, una goccia che scava la roccia che definiscono l’esistenza dei miei personaggi e tutto ciò accade specificamente sul luogo di lavoro”.

 

Tre domande a Greta Pavan

Abbiamo approfondito alcuni temi di “Quasi niente sbagliato” con Greta Pavan

Quanta attualità accoglie in sé, la Margherita che hai raccontato?

Dunque, credo che dal punto di vista tematico ne accolga. Naturalmente, si parla di lavoro, di un certo nuovo modo di interrogare il lavoro e di interrogare il lavoro come veicolo di tutto, come bacino di tutto l’esistente e come unica possibilità, come priorità della nostra vita. E questo mi sembra sia un tema abbastanza attuale. Detto ciò, il conflitto che c’è all’interno del lavoro, naturalmente, è un conflitto che c’è sempre stato, lo sfruttamento non è un tema di oggi. Perciò mi piace pensare a questa storia anche nei suoi risvolti un pochino più universali, in parola grossa e pretenziosa, però mi piace pensare anche alla vicenda umana di Margherita, a prescindere dallo spirito e del tempo in cui è emersa.

Quanto hanno pesato le origini venete della famiglia di Margherita e lo status di emigranti nel delinearne la sua personalità?

Molto, perché origini venete in Brianza significa essere degli outsider rispetto al luogo in cui lei si trova. Margherita nasce in una famiglia che in maniera originaria è outsider e non appartenente al luogo in cui vive, nonostante i veneti, insieme ad altre emigrazioni, l’abbiano in qualche modo fondata, la Brianza, quindi altro che fa parte di altro. Però il fatto di essere emigrati dal Veneto determina anche che si tratta di persone molto povere, e anche questo è un elemento di alterità rispetto all’ambiente in cui lei è emersa, che al contrario è un ambiente molto ricco e di grande benessere. Naturalmente il riscatto, soprattutto quando il livello di povertà è quello, è il lavoro. E c’è poco da girarci intorno, perciò, anche questo tipo di imprinting è determinato dal lavoro.

Margherita è una sognatrice oppure semplicemente una ragazza che vorrebbe far valere la sua intraprendenza nel lavoro e di conseguenza nella vita?

Sognatrice direi di no, perché Margherita per me è un personaggio profondamente nichilista, non ha spazio per i sogni, ha spazio per degli incubi ma non per dei sogni, quindi non direi sognatrice. E neanche completamente una persona che vorrebbe far valere la sua intraprendenza. È una donna, inizialmente, alla ricerca di un’appartenenza, che non trova nelle bandiere, non trova nelle persone che ha intorno, non trova assolutamente nel lavoro. Perciò girovaga nel suo mondo alla ricerca di qualcosa o qualcuno a cui appartenere. E a un certo punto pensa che quello possa essere il lavoro, ma è una convinzione che lei eredita, non è una convinzione veramente radicata in lei.

greta pavan

 

 

 

Greta Pavan
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Dieci libri da presentare. Dieci autori incontrano il pubblico: appuntamento con Greta PavanFeatured

Dopo la pausa pasquale, riprendono gli appuntamenti con la presentazione dei dieci libri che concorrono per aggiudicarsi il Premio Sila ’49, prestigioso riconoscimento letterario giunto ormai alla sua dodicesima edizione. Lunedì 8 aprile, alle 18, la location dell’evento sarà la centralissima libreria Mondadori di Cosenza, in piazza XI Settembre, lungo corso Mazzini. Protagonisti assoluti dell’incontro, Greta Pavan e il suo libro, “Quasi niente sbagliato” (Bollati Boringhieri editore), un romanzo di formazione, un autentico spaccato generazionale, una storia sull’appartenenza e sull’affermazione di sé che prova a rispondere a una domanda esistenziale: se il male sia ciò che riceviamo o quello che ci portiamo dentro…

A parlare del volume, insieme con l’autrice, saranno presenti l’avvocato Erika Rodighiero, la professoressa Maria Letizia Stancati e Gemma Cestari, la direttrice del Premio Sila.

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LA SCHEDA DEL LIBRO

“Quasi niente sbagliato” (Bollati Boringhieri editore)

Brianza, terra dai confini incerti, paesaggio di asfalto e capannoni, provincia ricchissima, dove la religiosa devozione al lavoro sembra essere l’unico parametro riconosciuto per la definizione di rapporti e identità. Ma per Margherita, nata nel 1990 in una delle tante famiglie venete emigrate in Lombardia nel dopoguerra, il benessere è una chimera da contemplare da lontano. Sfiancata dal susseguirsi di lavori senza prospettiva e a cui sembra destinata solo in quanto donna, svuotata dalla minaccia costante della precarietà e svilita da un’umanità ambigua, fatta di personaggi in cui albergano a un tempo colpa e innocenza, per Margherita rimane solo il sogno della fuga. Coltiva l’ossessione di Milano, attraente come una terra promessa, e di un lavoro come giornalista, forse unica possibilità rimasta per provare a far sentire la propria voce. E sola alternativa a quella violenza che, goccia dopo goccia, quasi niente, rischia di trasformarla in tutto ciò che ha sempre rifiutato.

 

Greta Pavan

È nata a Desio, in Brianza, nel 1989. Dopo la laurea in Comunicazione interculturale, conseguita a Torino, ha studiato editoria alla Scuola di scrittura Belleville. Oggi vive a Milano, dove lavora come editor freelance. Quasi niente sbagliato ha ricevuto la Menzione Speciale della giuria del Premio Calvino 2022.

 

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Erika Rodighiero

È avvocato penalista del Foro di Cosenza. Componente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, docente e referente della Scuola Forense “B. Alimena” di Cosenza, membro dell’Osservatorio Carcere, Diritto & Società della Camera Penale di Cosenza “Avvocato Fausto Gullo”. Da anni è impegnata nel sociale e vicina a ogni forma di lotta contro le discriminazioni; un impegno che concretizza quotidianamente essendo cofondatrice dell’Associazione culturale Xenìa e di Nova Associazione A.P.S. di Cosenza, nonché socia e volontaria Avvocato di Strada Cosenza.

 

Maria Letizia Stancati

È docente di italiano, storia e geografia presso la scuola secondaria di primo grado dell’IC Malvito, in cui è referente per il bullismo e cyberbullismo, e del dipartimento di lettere. Fondatrice di Nova associazione e attiva volontaria ospedaliera con l’associazione Gianmarco de Maria nei reparti di pediatria e dipartimento materno infantile. Da sempre appassionata di letteratura e scrittura.

 

Fondazione, Notizie

Svelati i vincitori della decima edizione del Premio Sila ’49: sono Nicola Lagioia, Nadeesha Uyangonda e Luciana Castellina. Dal 27 al 29 maggio la consegna dei riconoscimenti nel cuore del centro storico bruzio, ma anche la lectio magistralis di Tomaso Montanari in occasione degli 800 anni del Duomo di Cosenza sul sagrato della Cattedrale e il reading di Valerio Magrelli nella sede silana della FondazioneFeatured

COSENZA – Sono Nicola Lagioia con “La città dei vivi” edito da Einaudi (sezione Letteratura), Nadeesha Uyangonda con “L’unica persona nera nella stanza” edito da 66thand22nd (sezione Economia e Società) e la politica e scrittrice Luciana Castellina (Premio alla carriera) i vincitori della decima edizione del Premio Sila ’49, così come annunciati dal presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini e dalla direttrice del Premio Gemma Cestari.

La premiazione dei vincitori, a seguito delle varie fasi che hanno interessato il Premio e che hanno coivolto rinomati autori nonchè l’intera comunità, si terrà in tre giorni alla fine del mese di maggio. In particolare, venerdì 27, alle ore 18, in piazza dei Follari, la docente Unical Mariafrancesca D’Agostino e il sociologo Tonino Perna dialogheranno con Nadeesha Uyangonda. Subito dopo, alle 19, ci si sposterà eccezionalmente sul sagrato della Cattedrale cosentina per assistere alla relazione, intitolata Un indulto, una sospensione, un miracoloso arresto: il senso delle antiche chiese, dello storico Tomaso Montanari, in occasione delle celebrazioni degli 800 anni del Duomo. Sabato 28, inoltre, alle ore 11.30, a Palazzo Arnone, sede della Galleria Nazionale, si assisterà alla lectio magistralis di Luciana Castellina La mia vita a sinistra è, ancora, la scoperta del mondo; mentre nel pomeriggio, a partire dalle 18.30, si terrà la cerimonia di premiazione della decima edizione del Premio, condotta dalla giornalista e scrittrice Ritanna Armeni: a Lagioia, Uyangonda e Castellina verranno consegnati, come di consueto, i bronzetti realizzati dal maestro Mimmo Paladino. Domenica 29, infine, dal cuore del centro storico bruzio ci si trasferirà nella sede di Camigliatello Silano della Fondazione Premio Sila: sarà qui, dalle 11, che il giurato del Premio Valerio Magrelli leggerà alcune delle poesie tratte dalla sua ultima raccolta “Exfanzia” (Einaudi).

Tuffatori”, il manifesto dell’edizione 2021 del Premio è stato realizzato dall’artista di origine calabrese Natino Chirico. Sarà proprio incentrata sulle opere del raffinato disegnatore e ritrattista, la mostra che dal 30 maggio fino al 21 giugno potrà essere visitata all’interno delle sale del Museo dei Brettii e degli Enotri del quartiere Spirito Santo. Un evento, quest’ultimo, che chiude gli incontri e i pregiati appuntamenti della primavera del Premio Sila ’49, a cui tutta la città è invitata a partecipare, sempre nel rispetto delle normative anti-Covid.

Di seguito le motivazioni della Giuria per il conferimento del Premio:

Nicola Lagioia – «La città dei vivi è uno di quei grandi libri che nascono da un’occasione del tutto imprevedibile. Fin dal momento in cui lo scrittore visita il palazzo alla periferia di Roma che è stato il teatro dell’orribile crimine, costato la vita a un ragazzo giovanissimo, per scrivere un pezzo per il suo giornale, quella che si genera in lui è una fertile occasione, capace di accamparsi nella sua mente per il tempo necessario ad andare a fondo. Magistrale nell’alternanza della prima e della terza persona, il romanzo di Lagioia brucia totalmente, al fuoco di una dolente concezione poetica, ogni presupposto cronachistico, finendo per diventare il ritratto indelebile di un tempo, e di un luogo, nei quali anche la bellezza e il senso dell’eterno contrabbandati dai dépliant turistici sembrano aver smarrito la propria strada, aspetta le sue vittime nascosto negli eventi più ordinari: un messaggio sullo smartphone, una corsa in taxi, il puro e semplice trascorrere delle ore di una notte.

Nadeesha Uyangonda – «È molto bello il titolo di questo libro, firmato da Nadeesha Uyangonda per l’editore 66thand2nd: L’unica persona nera nella stanza. Chiamiamolo come vogliamo, pamphlet, saggio, memoir: certo è che le sue pagine raccontano con pacato furore il senso di isolamento, “che forse è il peggiore di tutti”, legato al fatto di essere, per l’appunto, L’unica persona nera nella stanza». 

Luciana Castellina – «Ad una straordinaria donna italiana, una comunista che ha sempre pensato con la sua testa senza mai voltarsi dall’altra parte, che anche nelle istituzioni nazionali ed internazionali ha dato voce alle minoranze, ha rivendicato diritti, si è battuta contro le ingiustizie, ha creduto – e crede – in uno stato sociale equo e fondato sulla libertà e sulla dignità del lavoro».

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Premio Sila ’49, annunciata la cinquina finalista della sezione letteratura. Firma il manifesto della decima edizione l’artista Natino Chirico. Il presidente Paolini: «Cerimonia conclusiva a marzo 2022 e lectio magistralis di Tomaso Montanari per celebrare gli 800 anni del Duomo di Cosenza»Featured

COSENZA – Sono Marco Balzano con “Quando tornerò” (Einaudi), Domenico Dara con “Malinverno” (Feltrinelli), Mario Fortunato con “Sud” (Bompiani), Nicola Lagioia con “La città dei vivi” (Einaudi) e Paolo Nori con “Sanguina ancora” (Mondadori) i cinque finalisti, per la sezione Letteratura, della decima edizione del Premio Sila ’49.

A darne comunicazione, questa mattina, martedì 30 novembre 2021, nella sede del centro storico bruzio della Fondazione Premio Sila, il suo presidente Enzo Paolini, la direttrice del Sila Gemma Cestari e il giurato Valerio Magrelli.

Contestualmente allo svelamento dei libri e degli autori in parola, ulteriori le notizie trasmesse nel corso dell’incontro. «La cerimonia finale del Sila ’49 – dichiara non a caso Paolini – si terrà nel mese di marzo 2022 e ciò per mere ragioni di prudenza e sicurezza, date le cronache poco rassicuranti in merito all’emergenza sanitaria da Covid-19. Sarebbe irresponsabile organizzare un grande evento in un periodo di questo tipo, segnato ancora da timori e necessità di agire con cautela. Circa, invece – aggiunge il presidente della Fondazione Premio Sila -, il manifesto che quest’anno accompagnerà le battute finali della nostra manifestazione, si può dire che è il raffinato artista Natino Chirico, calabrese di nascita ma romano d’adozione, a firmarlo. L’opera, intitolata “Insieme”, ha un forte impatto empatico: su uno sfondo rosso accesso pone, infatti, due figure umane ispirate al tuffatore di Paestum nell’atto, secondo la libera interpretazione di ciascuno, di tuffarsi, chissà, nel mare della immaginazione, della letteratura, del mondo fantastico, poetico e suggestivo della cultura. Ultima comunicazione – conclude Paolini – è poi quella relativa alla lectio magistralis che, durante i giorni dedicati per l’appunto alla premiazione finale, il giurato e storico dell’arte Tomaso Montanari terrà sul sagrato del Duomo di Cosenza in occasione del relativo ottavo centenario».

Dalla direttrice Cestari arrivano, invece, i ringraziamenti per i ragazzi delle scuole del territorio che, con passione e costanza, hanno attivamente seguito fasi e incontri del Premio stesso. «Una presenza, quella dei giovani – afferma Gemma Cestari -, che ci riempie di gioia e di orgoglio e per la quale ringraziamo gli allievi del liceo linguistico Lucrezia Della Valle, coordinati dalle docenti Vincenza Costantino, Antonietta Cozza e Silvia Vitale, e, ancora, gli 85 giovani del liceo classico Telesio, guidati dalla professoressa Rosanna Tedesco».

È Magrelli, infine, a illustrare la cinquina: «Se Balzano con la sua opera riesce a parlarci dell’emigrazione dolorosa di chi lascia la patria per lavorare all’estero e in particolare delle madri che lasciano i figli per prendersi cura di qualcun altro, Domenico Dara restituisce atmosfere magiche e misteriose attraverso la storia del bibliotecario Astolfo Malinverno e quella del paese fantastico di Timpanara. Con Mario Fortunato, inoltre, si ha la possibilità di leggere una saga del Meridione che ha al centro Valentino, un giovane del Sud che va via con la volontà di non voltarsi più indietro: il passato, come nel mito di Orfeo ed Euridice, lo obbligherà tuttavia a girarsi, se non altro in un ritorno mentale. Infine, Nicola Lagioia, scegliendo di raccontare una delle più tremende e inspiegabili tragedie italiane degli ultimi anni, riesce a collocarsi nel filone a cui già appartengono Truman Capote con “A sangue freddo” e Emmanuel Carrère con “L’avversario”; e Paolo Nori ripercorre la vita di Dostoevskij attraverso la propria, evidenziando come ogni lettore venga “ferito” dai capolavori poetici e narrativi».

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Marco Balzano, tra gli applausi del pubblico del Sila ’49, presenta il suo ultimo romanzo, Quando tornerò: «Una storia civile, per dare dignità ai milioni di donne che emigrano verso l’Occidente per prendersi cura di noi»Featured

Quattro volte finalista al Premio Sila ’49, Marco Balzano torna a Cosenza per presentare il suo ultimo romanzo, Quando tornerò, edito da Einaudi e incentrato sulla storia di Daniela – donna dell’Est, costretta a lasciare tutto per fare fortuna, ricoprendo il ruolo di badante, in Italia – e dei suoi figli, i cosiddetti orfani bianchi, che vivono quel dramma dell’abbandono sui cui molto spesso il mondo altro tace.

Dell’opera, non a caso nella decina 2021 del Sila, si è parlato ieri pomeriggio, sabato 16 ottobre, all’Officina delle Arti di Eduardo Tarsia, nel cuore, dunque, del centro storico bruzio. Introdotto dalla direttrice del Premio Gemma Cestari e incalzato dalle domande della docente di filosofia Viviana Andreotti e del giornalista e scrittore Pier Paolo De Salvo, Balzano ha raccontato al folto pubblico – presente in sala anche il presidente della Fondazione Premio Sila Enzo Paolini – i motivi sottesi a Quando tornerò, il percorso di scrittura intrapreso, i viaggi compiuti in Romania per poter meglio comprendere un fenomeno che riguarda tutti e non dovrebbe lasciare nessuno indifferente.

«Esiste un esercito di donne di cui non si parla mai; donne che sono indispensabili a che noi possiamo mantenere i ritmi di vita a cui siamo abituati, donne, milioni di donne, che si spostano dai Paesi meno ricchi verso l’Occidente per prendersi cura dei nostri cari, lasciando a se stesse le proprie famiglie – ha detto Balzano -. E il motivo per cui emigrano è principalmente quello di emancipare i loro figli, di dargli una speranza di futuro; nel farlo pagano un prezzo altissimo. La letteratura, pertanto, può aiutare a fare luce sul “dietro le quinte”, su storie di cui si discetta solo quando diventano casi di cronaca, oppure in maniera del tutto stereotipata».

Poi la discussione si è pure spostata sulle parole usate dall’autore per comporre il suo romanzo, parole che vengono pronunciate da Daniela, la madre, da Manuel, il figlio, e da Angelica, la primogenita, secondo un meccanismo corale, dove i diversi punti di vista si intrecciano, fornendo al lettore un quadro chiaro e completo sulla questione affrontata. «Ho raccontato una famiglia – ha dichiarato ancora Balzano -. Se Daniela una notte parte per Milano senza salutare nessuno, e lo fa solo per amore dei suoi figli, Manuel non la vede così, secondo lui la madre lo ha irrimediabilmente abbandonato. Il libro è quindi una scacchiera, si delineano quelle che sono le conseguenze delle azioni di tutti e il modo in cui vengono percepite dagli altri».

Libro che diventerà presto un film, «a cui – rivela Balzano al pubblico del Sila – sto lavorando insieme al regista e allo sceneggiatore». In ultimo, sempre riferendosi a quest’opera riguardante il prendersi cura, il desiderio di andare e di tornare, tra coraggio, nostalgia e senso di colpa, l’autore, prima di dedicarsi al firmacopie (moltissimi gli studenti partecipanti all’incontro), ha così concluso: «Con Quando tornerò volevo davvero dare un significato diverso alle parole, che sono importanti. Parlare di badanti, quasi in modo dispregiativo, non ci fa capire, umanamente, quale sia la loro storia. Quindi sì, da questo punto di vista, il mio libro è un romanzo a dimensione civile e politica».

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